Francesco Gabbani: «Una canzone da ballare per un’estate anomala»
L’artista racconta il brano "Il sudore ci appiccica" e il suo lockdown: «Vivo a Ortonovo, in Liguria, ma tutti i miei affetti risiedono in Toscana, a pochi chilometri di distanza. Non potevo andare a trovarli»
Genova - C’è una nuova formula, si chiama “gabbanica”. L’ha ribattezzata così anche il suo ideatore, Francesco Gabbani, uno straordinario scienziato del pop. In realtà in molti già la conoscono, l’hanno già studiata e soprattutto ascoltata: si fonda sulla “profonda leggerezza”, un mix di colori, ritmo, testi ricercati e messaggi che, come delle matrioske, hanno diverse chiavi di lettura. Alla soglia dell'estate,Gabbani torna a pubblicare un singolo perfetto da ascoltare sotto l’ombrellone e da ballare a distanza di due metri l’un dall’altro come previsto dalla linee guida in questa pazza stagione post emergenza.
«"Il sudore ci appiccica" non è stata ideata durante il lockdown, come è capitato ad altri artisti, ma il suo significato è estremamente attuale, la canzone fa parte del mio ultimo album, “Viceversa”, e l’ho scritta nel 2019 quando nessuno avrebbe potuto immaginarsi una situazione di questo tipo» racconta Gabbani «in un momento storico che ricorderemo a lungo il significato del brano è duplice: da una parte racconto il sudore della fatica e della sofferenza, quello che spinge l’uomo a ricercare conforto negli altri uomini. È il sudore dell’unione necessaria, che “ci appiccica”, che dovrebbe rendere comunità. Dall’altra mi concentro sul sudore del godimento, del ballo, dell’amore e dello sport. È una canzone di speranza perché l’estate che vivremo sarà anomala. Abbiamo conquistato di nuovo un pezzo della nostra libertà, ma ci vorrà ancora tempo per tornare a una vera normalità».
Lo sa bene il vincitore del Festival di Sanremo del 2017 che vivendo sul confine fra Liguria e Toscana, ha dovuto attendere un’eternità prima di poter riabbracciare la propria famiglia. «Ho vissuto una situazione paradossale» sorride amaro Gabbani «vivo a Ortonovo, in Liguria, ma tutti i miei affetti risiedono in Toscana, la mia terra d’origine, a pochi chilometri di distanza. È stato assurdo non poterli raggiungere, non poter valicare i confini per così tanto tempo. Ho ingannato l’attesa facendo alcuni lavoretti in casa: mi sono riscoperto falegname. Ho reso più confortevole il mio studio e non ho mai rinunciato al contatto con la natura, perdendomi nel verde che circonda la mia abitazione. Non sono riuscito a scrivere nuove canzoni perché ho bisogno di vivere, assimilare e poi rielaborare. Sicuramente arriveranno nuovi brani, ma non subito. Appena entrati in Fase 2 ho preso la bicicletta e mi sono lanciato in una lunga pedalata, è importante riassaporare i momenti di libertà e felicità della nostra vita, ci permette di ricordarne il valore».
Il brano appena uscito fa parte di un tema più ampio sviluppato dall'artista nel suo nuovo progetto discografico, pubblicato pochi giorni dopo la sua ultima esperienza sanremese: le nove tracce di "Viceversa" lasciano libero l'ascoltatore e mettono in discussione la complessa relazione tra individuo e collettività. «Tutto il disco riflette sul rapporto con il nostro prossimo» dice l’artista carrarese «è incredibile che questo tema sia poi diventato “il” tema dei giorni della pandemia. Anche il concetto di “ripartenza” è centrale. Non so dire se questa situazione porterà davvero a un cambiamento, ma credo che possa far assaporare la nostra esistenza in modo diverso».
La musica in tutto questo che ruolo avrà? Proprio “Viceversa”, il pezzo con cui Gabbani è arrivato secondo all’ultimo Sanremo, è diventato un inno in questi mesi, cantato dai balconi e sparato dalle radio di tutto il Paese. «Dopo l'estate, più precisamente l'8 ottobre, mi attenderebbe un grande showall’Arena di Verona che, però, è un grande punto di domanda» conclude «dovrò arrendermi all’idea di posticiparlo. Ma come altri colleghi, vorrei comunque non spegnere la musica, suonare in situazioni più piccole e raccolte, consapevole di tutto quello che comporta a livello economico. È il momento di mettersi in gioco, tutti, a cominciare da noi artisti».
Claudio Cabona / Il Secolo XIX
2020.06.13.
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